Egli de la città fra i neri tetti
Un suo raggio disvia,
E a la fanciulla va che i giovinetti
16Dí nel lavoro oblia,
E una canzon di primavera e amore
Le consiglia; a lei balza
Il petto, e ne la luce il canto e il cuore,
20Come lodola, inalza.
Ma tu, luna, abbellir godi co ’l raggio
Le ruine ed i lutti;
Maturar nel fantastico vïaggio
24Non sai né fior né frutti.
Dove la fame al buio s’addormenta,
Tu per le impóste vane
Entri e la svegli, a ciò che il freddo senta
28E pensi a la dimane.
Poi su le guglie gotiche ti adorni
Di lattëi languori,
E civetti a’ poeti perdigiorni
32E a’ disutili amori.
Poi scendi in camposanto: ivi rinfreschi
Pomposa il lume stanco,
E vieni in gara con le tibie e i teschi
36Di baglior freddo e bianco.