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NOTA






Intermezzo o intermedio dicevano i cinquecentisti italiani un breve divertimento di canzonette e balletti figurati, dato tra l’uno atto e l’altro delle rappresentazioni drammatiche; e intermezzo metaforicamente chiamai io questa serie di rime che doveva nel mio pensiero segnare il passaggio dai Giambi ed Epodi alle Rime nuove e alle Odi Barbare. Per ciò che è cantato nel capitolo 2, professori e abati, verseggiatori manzoniani e spie libelliste, signore letterate e cocottes devote, mi vituperarono poeta del maiale; la calunnia, al solito, fu stupida, e non c’è altro che da commiserare la grossolanità della incultura letteraria, cotennosa in Italia anche nelle classi strigliate. È superfluo notare che le strofi 4 e 5 del capitolo 10 alludono ai canti di tristezza (Αἲ λίνος, elini) e di allegrezza (Ιη Παιάν, peani) del popolo greco, deploratorii quelli della morte d’un simbolico giovinetto Lino, celebrativi questi della efficacia gioiosa di Apollo: cfr. Ott. Müller, Storia della letter. Greca, cap. iii.