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levia gravia 363


XXVIII.14

ROMA


Date al vento le chiome, isfavillanti
Gli occhi glauchi, del sen nuda il candore,
Salti su ’l cocchio; e l’impeto e il terrore
4Van con fremito anelo a te d’avanti.

L’ombra del tuo cimier l’aure tremanti,
Come di ferrugigno astro il bagliore,
Trasvola; e de le tue ruote al fragore
8Segue la polve de gl’imperi infranti.

Tale, o Roma, vedean le genti dome
La imagin tua ne’ lor terrori antichi:
11Oggi una mitra a le regali chiome,

Oggi un rosario che la man t’implichi
Darti vorrien per sempre. Oh ancor del nome
14Spauri il mondo e i secoli affatichi!