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levia gravia 351

Immane. Ahi, ma piú immane
Me, o superbi, premea la lunga fame
E il guardo e il viso de la madre antica.
116Tornai: recai del pane:
Ma tacean del digiuno in me le brame,
Ma sollevare i gravi occhi a fatica
Sostenni; o madre, e nel tuo sen la fronte
120Ascosi e del segreto animo l’onte.

Addio, d’un santo amore
Fantasie lacrimate, e voi compagne
Di questa infelicissima fanciulla!10
124A voi rida il candore
Del vel che la pia madre adorna e piagne,
E 'l pensier ch’erra a studio d’una culla.
Io derelitta io scompagnata seguo
128Pur la traccia de l’ombre e mi dileguo.

voce di sotterra.


Taci, o fanciulla mesta;
Taci, o dolente madre, e l’affamato
Pargol raccheta ne la notte bruna.
132Fiammeggia, ecco, la festa
Da’ vetri del palagio, ove il beato
De la libera patria ordin s’aduna,
E magistrati e militi tra’ suoni
136E dotti ed usurier mesce e baroni.