E vedo ancor le schiave moriture 15terger con acqua e con porose spugne
il sangue, e molto era il singulto e il grido.
A te cantavo, e tu bevendo il vino
cheto ascoltavi. E poi t’increbbe il detto
minor del fatto. Ascolto or io l’aedo, 20solo, in silenzio. Chè gittai la cetra,
io. La raccolse con la mano esperta
solo di scotte un marinaio, un vecchio
dagli occhi rossi. Or chi la tocca? Il vento.
Or all’Aedo il vecchio Eroe rispose: 25Terpiade Femio, e me vecchiezza offese
e te: chè tolse ad ambedue piacere
ciò che già piacque. Ma non mai che nuova
non mi paresse la canzon più nuova
di Femio, o Femio; più nuova e più bella: 30m’erano vecchie d’Odisseo le gesta.
Sonno è la vita quando è già vissuta:
sonno; chè ciò che non è tutto, è nulla.
Io, desto alfine nella patria terra,
ero com’uomo che nella novella 35alba sognò, nè sa qual sogno, e pensa
che molto è dolce a ripensar qual era.
Or io mi voglio rituffar nel sonno,
s’io trovi in fondo dell’oblio quel sogno.
Tu verrai meco. Ma mi narra il vero: 40qual canto ascolti, di qual dolce aedo?
Ch’io non so, nella scabra isola, che altri
abbia nel cuore inseminati i canti.
E il vecchio Aedo al vecchio Eroe rispose:
Questo, di questo. Un nicchio vile, un lungo 45tortile nicchio, aspro di fuori, azzurro
di dentro, e puro, non, Eroe, più grande
del nostro orecchio; e tutto ha dentro il mare,