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58 | l’ultimo viaggio |
allor dolce è la brezza, il mare è calmo;
brilla Boote a sera, e sul mattino
tornata già la rondine cinguetta,
che il mare è calmo e che dolce è la brezza.
La brezza chiama a sé la vela, il mare
chiama a sé il remo; e resta qua canoro
il cuculo a parlare al vignaiolo.
Questo era canto che mordeva il cuore
a chi non bovi e sol avea l’aratro;
ch’egli ha bel dire, Prestami il tuo paro!
Son le faccende, ed ora ogni bifolco
semina, e poi, sicuro della fame,
ode venti fischiare, acque scrosciare,
ilare. E intanto esse, le gru, moveano
verso l’Oceano, a guerra, in righe lunghe,
empiendo il cielo d’un clangor di trombe.
V
E per nove anni al focolar sedeva,
di sua casa, l’Eroe navigatore:
ché più non gli era alcuno error marino
dal fato ingiunto e alcuno error terrestre.
Sì, la vecchiaia gli ammollia le membra
a poco a poco. Ora dovea la morte
fuori del mare giungergli, soave,
molto soave, e né coi dolci strali
dovea ferirlo, ma fiatar leggiera
sopra la face cui già l’uragano