Pagina:Poemi conviviali (1905).djvu/73


I


la pala



     Ed il timone al focolar sospese
in Itaca l’Eroe navigatore.
     Stanco giungeva da un error terreno,
grave ai garretti, ch’egli avea compiuto
reggendo sopra il grande omero un remo.
Quelli cercava che non sanno il mare
nè navi nere dalle rosse prore,
e non miste di sale hanno vivande.
E già più lune s’erano consunte
tra scabre rupi, nel cercare in vano
l’azzurro mare in cui tuffar la luce;
nè da gran tempo più sentiva il cielo
l’odor di sale, ma l’odor di verde:
quando gli occorse un altro passeggero,
che disse; e il vento che ululò notturno,
si dibatteva, intorno loro, ai monti,
come orso in una fossa alta caduto:
      Uomo straniero, al re tu muovi? Oh! tardo!
Al re, già mondo è nel granaio il grano.
Un dio mandò quest’alito, che soffia
anc’oggi, e ieri ventilò la lolla.
Oggi, o tarda opra, vana è la tua pala.
     Disse; ma il cuore tutto rise accorto
all’Eroe che pensava le parole
del morto, cieco, dallo scettro d’oro.
Chè cieco ei vede, e tutto sa pur morto:
tra gli alti pioppi e i salici infecondi,
nella caligo, egli, bevuto al botro
il sangue, disse: Misero, avrai pace