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46 | il sonno di odisseo |
e con un monte ella prendea del cielo,
e giù dal monte spumeggiando i botri
scendean tra i ciuffi dell’irsute stipe;
e ne’ suoi poggi apparvero i filari
lunghi di viti, ed a’ suoi piedi i campi
vellosi della nuova erba del grano:
e tutta apparve un’isola rupestre,
dura, non buona a pascere polledri,
ma sì di capre e sì di buoi nutrice:
e qua e là sopra gli aerei picchi
morian nel chiaro dell’aurora i fuochi
de’ mandrïani; e qua e là sbalzava
il mattutino vortice del fumo,
d’Itaca, alfine: ma non già lo vide
notando il cuore d’Odisseo nel sonno.
Ed ecco a prua dell’incavata nave
volar parole, simili ad uccelli,
con fuggevoli sibili. La nave
radeva allora il picco alto del Corvo
e il ben cerchiato fonte; e se n’udiva
un grufolare fragile di verri;
ed ampio un chiuso si scorgea, di grandi
massi ricinto ed assiepato intorno
di salvatico pero e di prunalbo;
ed il divino mandrïan dei verri,
presso la spiaggia, della nera scorza
spogliava con l’aguzza ascia un querciolo
e grandi pali a rinforzare il chiuso
poi ne tagliò coi morsi aspri dell’ascia;