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l’inno antico | 167 |
lungo l’Alfeo: Siamo d’un dì! Che, uno?
che, niuno? Sogno d’ombra, l’uomo!»
L’ombra di lui teneva su la palma il capo:
pensava, a piè dell’albero; e vicine
stridere udiva l’ombre delle foglie.
IV
Poi raccolti i lor fasci di cicute
sorsero entrambi, e dissero: Va sano!...
Va sano!... E ritornavano cogliendo
ancor pei greppi i fiori della morte.
Esalava il canùciolo e il serpillo
odor di cera e dolce odor di miele.
Ronzavano api e scarabei de’ fiori.
E Lachon giunse al prònao d’Apollo,
alla Scuola del coro. Era già sera,
una sera odorosa; ed il suo nome
udì gridare a voci di fanciulli.
Eran fanciulli che, in lor giochi, un inno
volean cantare a mo’ dei grandi, un inno
vecchio, che ognuno aveva, in Ceo, nel cuore.
Presto un impube corifeo la schiera
ebbe ordinata, e già da destra il coro
movea cantando per la via del sole,
verso la sera, con gridìo d’uccelli.