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I
Nella rocciosa Euxantide, sul monte
tra la splendida Iulide e l’antica
sacra Carthaia, cauto errava in cerca
non so se d’erbe contro un male insonne
o di fiori per florido banchetto,
Panthide atleta: atleta già, ma ora
medico, di salubri erbe ministro.
E coglieva, più certo, erbe salubri,
chè il capo bianco non chiedea più fiori.
Partito già da Iulide pietrosa
era su l’alba. Or l’affocava il sole;
sì che saliva al vertice del monte
folto di quercie cui nel mezzo è l’ara
del Dio che manda all’arsa Ceo le pioggie
tra un bombir lieto. E giunse tra le quercie
sul ventilato vertice. E gli occorse
uno ascendente per la balza opposta.
E riconobbe un vecchio ospite, atleta
anch’esso: Lachon, che vedeasi in casa
molte corone, il secco appio dell’Istmo,
il Nemèo verde, non ormai già verde,
e l’alloro e l’olivo: altri germogli