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156 i gemelli

Ma il giovinetto andò per prati e boschi,
sempre cercando. Un giorno seguì l’api
a un prato, le ronzanti api ad un fonte.
Nel fonte ritrovò la sua sorella.

     Il giovinetto si chinò sul fonte,
e la fanciulla apparve su dal fonte.
Egli era mesto, ed era, anch’ella, mesta.
Ma le sorrise, ed ella gli sorrise.
Aprì la bocca per chiamarla a nome;
subito anch’ella aprì la bocca a un nome.
Ed egli chiese, chi l’avea rapita,
se lieta le era la solinga vita;
ed ella presto rispondea, ma troppo,
ch’ella parlava mentre egli parlava.
Ed egli tacque, ed ella tacque: allora
egli riprese, ma riprese anch’ella.
E il giovinetto non intese, e pianse.
E la fanciulla si confuse, e pianse.

     Ora una voce chiamò lui: la voce
della sua madre che l’avea smarrito.
« Ci chiama. Vieni con il tuo gemello
dalla tua madre. C’è, con lei, più bello! »
Ella rispose; ma fondea nell’ansia
le sue parole con le sue parole.
« Qui non c’è fiori per il tuo digiuno!
Tu sei nel prato ove non è nessuno! »
La madre ancora lo chiamò. Le labbra
chinò... che freddo in quelle dolci labbra!
Le diede un bacio sussurrando, Addio!
ed un gorgoglio udì nell’acqua: Addio!
E il giovinetto s’alzò su dal fonte,
e la fanciulla sparve giù nel fonte.