Sì: t’ho percossa. Ma non sai con quanta55
forza alle scabre roccie mi percuota
l’acqua laggiù, nel baratro; e che buio
laggiù! che grida! Oh! mai non fossi nato!
Mamma... pietà! perdonami! Se lasci
ch’io salga; e basta che tu voglia, io salgo;60
oh! sarò buono! buono, ora per sempre!
non ti batterò più!... Mamma, già l’onda
mi porta via... perdona dunque! Io torno
laggiù... fa presto. Un tempo eri più buona,
o mamma!... O madre, ti mutò la morte!»
Così pregava, il figlio. Ecco, e l’ondata65
dal molle limo lo staccò, lo volle
con sé, lo stese, lo portò nel fiume
del pianto vano. E singultendo, il fiume
lo versò nell’abisso; e nell’abisso
se lo riprese il vortice segreto.70
E l’anima dell’empio era travolta
dall’acqua eterna, e tratta dal risucchio
giù, poi, nel buio, qua e là percossa.
Ed ella su, nel sommo della terra,
dove è più luce, più beltà, più Dio,75
sedea serena; e con la guancia offesa
sopra la palma, si facea cullare
dal grande mare d’etere, dal breve,
lassù, mollissimo, oscillìo del mondo.
Ecco, levò dalla tranquilla palma80
la guancia offesa, e riguardava intorno,
inorecchita. E il buon demone accorse
e le diceva: «Vieni al dolce Lete,