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102 | il poeta degli iloti |
nè casolari. Erano intorno macchie
folte di lauro che odorava al cielo.
E videro ambedue ch’era smarrita
ormai la strada. Ed il cantore stanco
disse allo schiavo: «Mal tu m’hai condotto.»
E gli rispose il pazïente schiavo:
«In te fidavo: Ché del buon cammino
chi c’è, se non il buon cantor, maestro?»
II
E sul lor capo era l’opaca notte
piena di stelle. E risplendea nel cielo
l’Orsa minore, che accennò qual fosse
la vera strada, né però dall’alto
la rischiarava, colaggiù, nell’ombra.
E l’uomo allora e presso lui lo schiavo
sostarono nel bosco ove in un giogo
s’allargava assai piana una radura,
donde era meglio preveder le fiere,
se alcuna v’era che traesse al fiuto.
E poi lo schiavo conficcò nel suolo
il suo bastone, e presso quello il ramo
di sacro lauro, del cantore, e sopra
la sua schiavina sciorinò, che fosse
schermo dal lato onde veniva il freddo.
E disse: «O padre, bene io so le notti
gelide, e il sonno sotto la rugiada.
Ma è ben tardi perché tu l’impari.»