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PREFAZIONE lxxxvii

Data questa avversione, parrebbe che dovesse essere proprio indicata per lui la vita tranquilla in un appartato villaggio della Beozia, in mezzo ai campi che adora. Macchè. La borgata che, alla fin dei conti, aveva dato asilo alla sua famiglia nei giorni del bisogno e della disgrazia, è «un misero borgo, tristo il verno, penoso d’estate, mai buono». Pare che la povera Ascra non meritasse tanto biasimo; e assai acutamente Giovanni Setti ricorda in proposito Giacomo Leopardi e il suo «natio borgo selvaggio».

La leggenda poi narra che egli fu il beniamino delle donne. Perfino da vecchio, andato ospite in casa di un amico, godè i favori della sua giovinetta sorella. E come ricompensa questa benevolenza del bel sesso? — Le donne — dice sono come i fuchi, che usurpano il lavoro delle api. Da Pandora, simbolo della femminilità, derivano tutti i mali del mondo. — Chi si fida delle donne — dice — si può fidar dei ladroni — .

E s’intende poi che, al pari di tutti i misogini, va pazzo per le donne. Basterebbe l’immagine, già ricordata, della fanciulla custodita, durante l’inverno, nel piú riposto angolo del gineceo. «Né il gelo può toccare la fanciulla dalla tenera cute, che nell’interno della casa se ne sta presso la mamma sua, ignara ancora dei piaceri della soave Afrodite, quando, lavate le tenere membra e tutta cosparsa di molle unguento, trascorre le notti giacendo nel cuor della casa».

L’immagine è accessoria, quasi intrusa. Ma, balenata appena dalla fantasia del poeta, s’impone e si dilata a suo bell’agio; e tutti i particolari svelano il compiacimento sensuale onde il poeta l’accarezza. Misogine, a parole; ma appena si delinea un’immagine femminile, l’estro si accende nel suo cuore, e ne prorompono le immagini mirabili e i ritmi armoniosi.

Un sensuale. Ed un sibarita. Citiamo per disteso il quadretto dello scialo estivo. «Abbi un’ombra di rupe e un vino