Pagina:Poemi (Esiodo).djvu/89


PREFAZIONE lxxxv

Ora, quanto alla durezza della poesia, così in genere, si potrà discutere: è, in fondo, quando si viene agli apprezzamenti definitivi, questione soggettiva. Ma se parliamo della qualità del verso, no, è questione obiettiva. E le affermazioni di grossolanità e di durezza sono arbitrarie illazioni dalla presunta rozzezza della poesia, postulata, a sua volta con qualche arbitrio, dalla rozzezza della materia, essenzialmente contadinesca.

Perché, quanto a musicalità, gli esametri di Esiodo sono fra i piú armoniosi e suggestivi di tutta la letteratura greca. Esiodo, narra un’antica tradizione, non sapeva suonar la cetra. Può essere. Ma certo il suo spirito era profondamente musicale; e, dunque, capace d’inventare nuove armonie.

E qui è da cercare la ragione prima del successo che incontrò la sua poesia fra i contemporanei, e poi, costantemente, fra i popoli di tutta l’EIlade: nell’aver saputo trovare, dopo Omero, e, alfine, dopo tanti suoi stucchevoli imitatori, una canzone nuova. Altra la materia, da quella d’Omero; ma altre anche, quasi direi soprattutto, le melodie che gli cantavano nell’anima, e a cui affidava le volanti parole. E tanta ne era l’armonia, che può quasi bearsene indipendentemente da ogni significato logico, chi non sappia di greco. Per esempio:

Àrcturòs prolipòn ïeròn roon Òkeanòio
pròton pàmfainòn, epitèlletai àcrocnefàios1.

E non è vacua sonorità. Il tessuto stilistico che riveste gli schemi ritmici è d’una estrema compattezza, tutto formicolante d’immagini, in ciascuna delle quali son racchiusi, come semi in un florido pomo, mòniti d’eterna saggezza. Tutti i cuori

  1. (Allora) la stella d’Arturo, abbandonata la sacra corrente d’Oceano, primamente sorge sul far della sera.