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PREFAZIONE lxxxi

E non è una semplice decorazione — e fosse pur meravigliosissima — ; e non è, come per Omero, la fastosissima sede degli Olimpii, sordi, in genere, alle preghiere umane; e tanto meno il ferocissimo Urano, divoratore dei propri figli: è l’entità misteriosa che determina con influsso perenne la vita di tutte le creature, e coi suoi rivolgimenti segna agli uomini il tempo opportuno alle varie opere.

E i primi interpreti dei suoi mòniti, sono le piccole creature della terra, animali o vegetali.

È la gru, che dall’alto lancia l’annuo grido, per avvertire che è giunto il momento d’arare. E se qualcuno trascura il suo ammonimento, ecco, di fra le quercie, il cuculo che col suo poetico verso indica un momento piú tardo, eppure ugualmente opportuno. E quando la rondine disegna il suo nero volo sul cielo luminoso, bisogna potar le viti; e quando la chiocciola comincia ad inerpicarsi sui gambi, affilare le falci per la mietitura.

Ed ecco la cicaletta che effonde il suo canto dalla vetta d’un albero; e il cardo che mette i fiori purpurei; e il fico che gitta le sue prime foglioline. Quando son divenute tanto grandi quanta è l’impronta che lascia su la terra umida la zampetta della cornacchia, allora si può affidar la barca ai flutti del mare. Una serie di arcani rapporti lega queste piccole creature alla segreta fucina del cosmo. E il poeta, a sua volta, serve di intermediario fra loro e gli uomini. Ecco un altro dei coefficienti, e dei massimi, all’aura di mistero che sempre aleggia sulla poesia di Esiodo.

Tale, dunque, la nota dominante nella sensibilità poetica d’Esiodo. Sente, in primissimo luogo, la campagna, e ne esprime mirabilmente tutti gl’incanti. Gl’incanti reali, senza nessuna