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lxxvi ESIODO

Da questo scopo rimangono determinati alcuni dei tratti caratteristici del poemetto. Prima di tutto, l’abbondanza di particolari precisi, ultraprecisi. Il mortaio dev’essere di tre piedi, il pestello di tre braccia, l’asse di sette, il cerchione di tre spanne, il carro di dieci. Il timone dell’aratro dev’essere d’alloro o d’olmo, il ceppo di quercia, la bure di leccio. I bovi si devono scegliere maschi, di nove anni. Il garzone che li guida, di quaranta; e gli si deve dare una pagnotta a croce, di otto porzioni.

E cosí via, sempre ci troviamo di fronte a questa precisione, che se non sempre è cosí arida e schematica, sempre rifugge da ogni fioritura.

E l’opera non ne riesce mortificata, anzi ne acquista una speciale attrattiva, che forse la nostra età è specialmente disposta, o, meglio, specialmente si avvia ad intendere. Non è improbabile che i posteri riconoscano nei Souvenirs entomologiques del Fabre l’opera piú significativa del secolo XIX. E fra le molteplici opere del Maeterlinck, che, piú o meno, si avviano al tramonto, accennano a sopravvivere la vita delle api e la vita delle termiti, che sono fedeli registrazioni, in perfettissimo stile, di precise osservazioni scientifiche.

E non pare inopportuno ricordare alcune parole del grande scrittore belga, dettate da una lunga e profonda esperienza. «Gli anni — dice Maeterlinck — insegnano anche allo scrittore che gli ornamenti invecchiano per primi, e piú presto di lui; e che solo i fatti nudamente esposti, e le riflessioni sobriamente e nitidamente formulate possono sperare di serbar domani il medesimo aspetto che hanno oggi, o quasi».

Parole che sembrano scritte apposta per tesser l’elogio di Esiodo, e che trovano la miglior conferma nella fortuna del suo poemetto. Dopo tanti e tanti secoli, e ai giorni della concimazione chimica e dell’aratura elettrica, esso riesce tuttavia a suscitare il nostro interesse, mentre tanti e tanti poemetti di-