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PREFAZIONE | lxv |
i loro attributi, le loro gesta, appaiono quasi sempre nell’arida forma dell’elenco, del catalogo.
La fantasia del poeta s’infiamma invece, meravigliosamente, per la titanomachia ed anche per la lotta di Tifone con Giove. Ma i colori adoperati a dipingere e l’una e l’altra, sono desunti da fenomeni naturali. Imperversar di tempeste, nubi che furiose cozzano le une contro le altre, spaventevoli intrichi di folgori che scoscendono sulla terra a migliaia.
E quanto il poeta sia affascinato da questi spettacoli orridi e meravigliosi, e quanta sia la precisione con cui li dipinge, e, dunque, la sua potenza d’osservazione, basta a dimostrarlo la pittura di Tifone folgorato da Giove e seppellito nell’Etna.
E quello, poi che fu domato, spezzato dai colpi,
piombò giú mutilato, die’ gemiti lunghi la Terra.
Ed una vampa sprizzò dal Dio folgorato percosso
nelle selvose convalli dell’Etna tutte aspre di rupi.
E lungo tratto ardea per quel fiato divino la terra
dall’ampio dorso, e al pari si liquefaceva di stagno
quando lo scaldano dentro nei cavi crogioli i garzoni,
oppur di ferro, ch’è fra tutti i metalli il piú duro,
quando in convalli montane lo doma col rabido fuoco
entro la terra divina, lo liquefa Efèsto l’industre.
Cosí la terra al vampo del fuoco si liquefaceva.
È la colata lavica. E non ne conosco descrizioni moderne altrettanto evidenti ed efficaci.
Non sentimento epico, dunque, ma sentimento della natura, per il quale il poeta della Teogonia si avvicina al poeta de Le opere e i giorni. E una certa parentela intercede anche fra la titanomachia e la potentissima descrizione dell’inverno di quel poemetto.