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xlvi ESIODO

trasto con Giove. E non erano avversarî da poco. Quasi tutte le volte che il poeta li mette a contrasto, dice che «il cuore di Giove avvampò di negra bile»; ed è chiaro che non ci irritano i nemici che non ci dànno troppo pensiero.

Ma non basta. Egli dice che Giove mise Prometeo in ceppi, relegò Atlante agli estremi confini della terra, e scagliò giú nell’Erebo Menezio, colpendolo col fulmine, «per la sua tracotanza e per l’eccesso di forza». Naturalmente, tutte queste punizioni, le avrà inflitte in seguito ad altrettante guerre, o ad una guerra.

Ma quale guerra? Esiodo non lo dice, anzi nella descrizione della titanomachia non fa nessun accenno alla presenza dei Giapetidi. Però in Apollodoro troviamo esplicitamente Menezio sterminato da Giove col fulmine nella titanomachia, e piombato giú nel Tartaro1. E Omero pone nel Tartaro addirittura anche Giapeto2. E queste due testimonianze, certo aderenti alla comune tradizione mitica, conducono al medesimo risultato, al quale, ragionando per esclusione, siamo già arrivati analizzando la Teogonia: i Titani coi quali debbono cosí a lungo lottare i Cronidi, non sono altro che i Giapetidi.

Se ora facciamo la supposizione, ben legittima, che sotto a queste favole mitiche si nasconda, per quanto remoto e travisato, un nucleo storico, tutto si illumina a un tratto d’una

  1. Bibliot. (ed. Wagner), 1, 2, 3: Ἰαπετοῦ δὲ καὶ Ἀσίας Ἄτλας ... καὶ Μενοίτιος ὸν κεραυνώσας ἐν τῇ τιτανομαχίᾳ Ζεὺς κατεταρτάρωσεν.
  2. Iliade, VIII, 478: οὐδ' εἴ κε τὰ νείατα πείραθ' ἵκηαι - γαίης καὶ πόντοιο, ἵν' Ἰάπετός τε Κρόνος τε - ἥμενοι οὔτ' αὐγῇς Ὑπερίονος Ἠελίοιο - τέρποντ' οὔτ' ἀνέμοισι, βαθὺς δέ τε Τάρταρος ἀμφίς.