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xxxiv | ESIODO |
che produce ogni cosa e la nutrica
ed il rigoglio poi ne riassorbe;
una quarta, infine, per Eros, il Dèmone che, invisibile, eppure palesemente efficace, eccita tutte le creature alla generazione.
Sistemi filosofici? Siamo d’accordo che d’una vera e propria filosofia non si potrà parlare, ai tempi d’Esiodo. Saranno stati, quando mai, sistemi teologici, cresciuti nella penombra dei templi. Ma, insomma, una forma di speculazione dové pure esistere anche allora; né vedo ragione di respingere l’antica tradizione, secondo la quale, già prima d’Omero, era vissuto in Sidone un tal Moco, fenicio, che aveva fondata una dottrina atomica (Strabone, XVI, C, 757).
Volere ancor precisare, può sembrare sommamente rischioso. Tuttavia, per Eros dobbiamo osservare che era la principalissima divinità di Tespia, la singolare città della Beozia, a piedi dell’Elicona, vicina ad Ascra, e sua metropoli. Giova riferire le parole di Pausania (IX, 27): «Quelli di Tespia, sin dai tempi piú remoti, piú che ogni altro Nume onorano Amore, e ne hanno un simbolo antichissimo, una pietra scabra». Questa pietra scabra ci fa risalire a un’antichità favolosa. E l’Eros di Tespia era un antichissimo Dèmone pelasgo, tanto radicato nel cuore della gente beota, che, immobile sotto il perenne fluire di nuove divinità e di nuovi culti, serbò i propri riti e la propria immagine sino nel pieno cuore dell’età classica, e poi anche quando quella fu tramontata. Figuriamoci se Esiodo, che legiferava in Ascra, a due passi, poteva fare a meno di metterlo in prima fila.
Altre ragioni, ed ugualmente efficaci, militavano per gli altri esseri. Assai diffusa in tutto il mondo orientale era la dottrina che poneva come origine di tutte le cose un immenso