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NOTE 165

Pag. 31, v. 605. - Il Dormidigiorno è il ladro. È uno dei nomignoli enigmatici di cui abbiamo parlato nella prefazione. Altri se ne possono ricordare nella letteratura e nella lingua greca: Λέπαργος, il Grigipelle, per l’asino, Σιμίας, il Camuso, per lo scimmiotto, Γλαυκή, l’Azzurrino, pel mare, Πλείων (Il Pieno, il Compiuto) per l’anno.

Pag. 31, - 612. - Il testo dice proprio cosí: esposti al sole dieci giorni e dieci notti; naturalmente, significa a ciel sereno.

Pag. 37, v. 742. - Il ramo a cinque branche (Πέντοζος) è la mano, il florido è la carne, il secco le unghie. Insomma, non bisogna tagliarsi le unghie a tavola.

Pag. 37, v. 744. - Il cratère era un vaso in cui si mescolavano l’acqua e il vino; e di lí si attingeva per offrirlo ai convitati. Porre il mestolo sul cratère equivaleva a troncare il festino: dunque, malaugurio.

Pag. 37, v. 750. - Séguito a intendere che ἀκίνητα sia una delle solite espressioni enigmatiche (e qui anche eufemistica) per significare tombe. Il Wilamowitz non lo crede, ma non specifica abbastanza le sue ragioni. Ricordo che a Roma è tuttora vivo il pregiudizio che non si debbano pesare i bambini, altrimenti non crescono piú.

Pag. 39, v. 778. - La Scaltra (Ἴδρις) è la formica: uno dei soliti nomignoli enigmatici.

NOTE ALLA «TEOGONIA»


Pag. 48. v, 35. - È un verso che ha dato e dà molto da fare agli interpreti. Pare che «cianciar di rupi e di querce» fosse una espressione simile, su per giú, alla nostra «menare il can per l’aia». Viveva fra gli antichi la credenza che i primi uomini fossero nati appunto da rupi e da querce. Quindi l’espressione proverbiale; parlar di rupi e di querce: 1) per chi narrando un fatto si rifacesse sempre dal principio, 2) per chi divagasse.

Pag. 54, v. 207. - Con un abuso etimologico il poeta fa derivare il nome Titani dal verbo titaíno, che vuol dire tendere, e poi sforzarsi a fare una cosa.