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PREFAZIONE xxv

particolari, come i fiori e le foglie dei vari alberi intorno alla geometria essenziale ed unica dei tronchi e dei rami.

Ora, in Grecia, come altrove, ma piú che altrove, avvenne che, per le continue invasioni e immigrazioni di popoli, si sovrapposero l’una all’altra diverse mitologie. Sopra l’antico fondo pelasgo si innestarono innumerevoli influenze dall’Est e dal Sud, e specialmente da Creta (mitologia egea), dalla Libia, dalla Samotracia (Cabiri), e poi dalla Fenicia e da tutte le religioni delle antichissime civiltà asiatiche che giungevano ai regni dell’Asia minore, e un po’ dappertutto sulle coste del Mediterraneo. Poi viene la piú ampia invasione achea, coi suoi vari strati, e introduce tutto un altro sistema di divinità. E dei Numi avviene come dei popoli. I nuovi si uniscono agli antichi, e gl’invasori trionfano, costituendo vere gerarchie, nelle quali i vinti occupano posti subordinati. Ma assai spesso subordinati solo nominalmente; e nelle loro umili posizioni, serbano, massime agli occhi e nel cuore del popolino, una importanza forse maggiore di quella dei Numi di parata.

Tutto questo lavorio, nelle sue linee generali era già compiuto ai tempi d’Omero: già Omero si trovò dinanzi a questo immenso formicolio confuso ed eterogeneo.

Senonché, i suoi poemi non ne rendono un adeguato riflesso. Omero non aveva, come poi lo ebbe Esiodo, alcun obbligo speciale. Tutta la mitologia si offriva a lui come materia artistica, a cui il poeta guardava liberamente, scegliendo il quale e il quanto che meglio si adattassero ad incarnare le sue visioni. Abbiamo visto che tutto quel formicolio s’era atteggiato sui moduli della primitiva storia umana, e costituito, dunque, nella generale configurazione d’una umana società. Omero non badò alla minutaglia, alla plebe grigia e incolore: badò alla schiera fulgente dei principi, dei Numi trionfatori ed invasori; e, concretando con la sua fantasia di poeta le