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EOE 121

Elena chioma bella voleva: né pure veduta
l’avea; ma solo udite parole ne aveva dagli altri.



Vennero due campioni da Fílaca, insigni fra tutti:
d’Ificlo figlio di Fílaco il figlio, Podarce, e il gagliardo
d’Attore figlio, Protesilao, di vigor sovrumano.
A Lacedèmone entrambi messaggi mandavano, al figlio
d’Ebalo, a Tíndaro, mente sagace, assai doni di nozze
alla sua casa: ché della fanciulla grande era la fama.



Il figlio di Petèo, Menèsteo, venne d’Atene,
assai doni recando: poiché possedeva tesori,
ora, e lebeti, e tripodi belli, che stavano accolti
entro la casa di re Petèo, quanti il cuore gli disse
che ne donasse alla sposa, recandone tanti: credeva
che niuno degli eroi superarlo potesse in ricchezza.



Da Salamina Aiace, l’eroe senza macchia, vi giunse,
ed abbondanza grande recò di mirabili doni.
Poich’esso, a quanti figli d’Achivi abitavan Trezene,
od Epidauro cinta dal mare, od Egina, o Maseta,
o vuoi Megara ombrosa, o l’alta Corinto, o Ermïóne,
o Asíne, sita presso la spiaggia del pelago, a tutti
deliberava i tardi giovenchi rapire, e le greggi
pingui, e a lei darle: ché molto valea con la lunga sua lancia.



Poi, dall’Eubea giungeva Elefènore, sire di genti,
di Calcodonte figlio, signor dei magnanimi Abanti,