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118 ESIODO


il compagno era addormentato, gli tolse la spada e lo abbandonò, sperando che cosí inerme i Centauri lo avrebbero sopraffatto. Ma Peleo si salvò, e uccise lui e la moglie.


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E, riflettendo, questo gli parve il partito migliore:
lui trattenere, e di soppiatto celare la spada,
bella, che aveva a lui forgiata l’insigne Ambidestro,
sí che, cercandola invano fra i picchi del Pelio, ben tosto
dovesse sotto i colpi cader dei Centauri alpestri.


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In premio del suo casto contegno con Ippolita Peleo ottenne dai Numi di sposare la bella Tetide. Ma secondo il Discorso ingiusto delle Nuvole di Aristofane, queste nozze andarono a finir male, perché Peleo era piú valoroso in campo che fra le coltri.


A Ftia, madre di greggi, recando assai copia di beni,
Pelèo giunse da Iolco, città dalle belle contrade,
d’Eaco il figlio, caro del cielo ai signori immortali.
E meraviglia il cuore pervase di tutte le genti,
come espugnò la città ben munita, e le amabili nozze
effettuò: tal sentenza volò su le bocche di tutti:
«D’Eaco figlio tre, quattro volte beato, Pelèo,
ché Giove Olimpio a te concesse una sposa sí bella,
ed ebber le tue nozze testimonî i Numi d’Olimpo.


l’età dell’oro (82)


Erano allora in comune banchetti, in comune convegni
per gl’immortali Celesti, per gli uomini nati a morire.