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PREFAZIONE xxiii

anche dei loro Dèi pingerebbero i volti e le forme,
i buoi simili a quelli dei buoi, dei cavalli i cavalli,
simili a come avesse ciascuno di lor le sembianza.

Tutti questi demonietti furono cosí concepiti sotto forme umane. E altrettanto avvenne, anche piú stranamente, per quelli dedotti dagli animali e dalle piante. Ed anche per le astrazioni. E l’arte si industria a dare visibile espressione alle piú o meno ibride concezioni. E accanto, per esempio, alle Arpie, concepite in forma metà umana e metà ferina, troviamo una quantità di piccole creaturine falliche, che con poca differenza incarnano i varii demonietti protettori o persecutori delle attività umane; e, siano pur meno numerose, altre figure che rappresentano questa o quella astrazione.

E c’è ancora un’altra fonte di miti, e copiosissima: la storia primitiva: ossia la memoria delle antiche vicende, già esagerate nei racconti di chi le aveva vissute, e poi ingigantite e deformate in mille modi nelle ripetizioni dei posteri. Attraverso a queste deformazioni, le figure della storia a mano a mano perdono la solidità primitiva, e si confondono con le figure piú evanescenti prodotte dagli altri processi mitici. E, mentre da un lato accrescono il materiale mitologico, dall’altro concorrono ad atteggiarlo. Già sin da principio, la fantasia umana, foggiando nei varii modi che vedemmo i suoi primi innumerabili Dèmoni, non se li figurò isolati ed inerti, bensí attivi ed in continui rapporti gli uni con gli altri. E come i singoli Dèmoni sulla figura umana, così le loro vicende vennero immaginate sul modulo di vicende umane. E mentre i piú semplici schemi erano dati dalle vicende piú comuni, altri piú complicati ed interessanti furono modellati sugli eventi tra-