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106 ESIODO 420-451

420stette a Marte cosí, crescendogli in cuore il coraggio,
impetuoso; e quegli, crucciato, si fece a lui presso;
e con orrende grida, piombarono l’uno su l’altro.
Come allorquando una rupe si stacca da un vertice eccelso,
e con immensi balzi giú rotola, e irrompe furente
425con gran fragore; ed ecco, si oppone al suo corso un gran poggio:
quivi essa cozza; e il poggio l’arresta: con simile romba
balzò, gridando, Marte, flagello dei carri. Ma quello
súbito contro gli stette. E Atena, figliuola di Giove,
contro si fece a Marte, schermita dall’égida fosca,
430e bieco lo guardò, gli volse cosí la parola:
«Marte, trattieni il cuore furente e l’invitto tuo braccio:
perché fato non è che tu Ercole stermini, il figlio
dal temerario cuore di Giove, e che l’armi ne indossi.
Via, dalla zuffa desisti, né starmi di contro a battaglia».
     435Cosí disse; né il cuore superbo di Marte convinse;
ma con grandi urli, armi, che fuoco pareano, vibrando,
rapidamente balzò sopra Ercole forte, anelando
di dargli morte. E a furia — tant’ira l’ardeva pel figlio
spento — dal grande scudo vibrò la sua lancia di bronzo.
440Ma si protese dal carro la Diva dagli occhi azzurrini,
e volse altrove il colpo dell’asta. Ed acuto cordoglio
invase Marte. E fuori traendo l’aguzza sua spada,
contro Ercole balzò, dal cuore magnanimo. E il figlio
d’Anfitrïóne, che mai non fu sazio dell’orrida pugna,
445sotto lo scudo bello, la coscia, ove ignuda appariva,
gagliardamente trafisse, le carni di squarcio profondo
aprí, colpendo, il Nume rovescio mandò per le terre.
Spinsero súbito presso Sgomento e Terrore il veloce
carro e i cavalli, il Dio sollevaron da terra, sul carro
450lo posero, di fregi molteplici ornato, le sferze
vibraron sui cavalli, tornarono ai picchi d’Olimpo.