90partí, ché volle un uomo ribaldo onorare, Euristèo.
Lo sciagurato poi dové farne gran pianto, e pentirsi
del fallo suo; ma più revocarlo, possibil non era.
Gravi travagli a me un Démone invece prescrisse.
O mio caro, su via, stringi or tu le purpuree briglie 95dei rapidi corsieri, moltiplica in seno ardire,
il carro e dei veloci corsieri la forza diritto
avventa, e non temere di Marte omicida il frastuono,
che con acute grida va or furïando pel bosco
sacro d’Apollo Febo, del Dio che lontano saetta. 100Sazio dovrà dichiararsi, per quanto sia forte, di guerra».
E questo a lui lolao, rispose, l’eroe senza pecca:
«O caro, assai, di certo degli uomini il padre e dei Numi,
assai l’Enosigèo t’onora, che vago è di tori,
che l’alte mura e la rocca di Tebe possiede e protegge: 105tale un mortale, cosí gigante, così valoroso,
sotto le mani tue conducon, ché gloria tu n'abbia.
Su' dunque, indossa l' armi di guerra, ché, senza indugiare,
l’uno su l’altro i carri lanciando, di Marte ed il nostro.
si pugni; ei non potrà spaventare il figliuolo di Giove 110senza paura, né d’Ificle il figlio; ma penso che invece
egli fuggire dovrà dai figli del figlio d’Alcèo
che sono presso a lui, che cupidi sono di guerra,
cupidi della zuffa, che a lor grata è piú del banchetto».
Disse cosí. Sorrise, ché in cuore godeva, la forza 115d’Ercole: tanto a lui tornarono grati quei detti.
E gli rispose, e a lui parlò queste alate parole:
«Iolào, saldo campione nutrito da Giove, non lungi
è l’aspra pugna, e tu, come fosti sin qui valoroso,
Aríone, il gran cavallo dai ceruli crini, anche adesso 120in giro spingi, e più che puoi, dammi aiuto alla pugna».
E, cosí detto, alle gambe d’attorno legò gli schinieri
di lucido oricalco, d’Efèsto bellissimo dono,