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94 ESIODO 25-56

25e i Locri, usi a combatter da presso, ed i prodi Focesi,
seguiano: era signore di questi il figliuolo d’Alcèo,
fiero dei popoli suoi. Ma degli uomini il padre e dei Numi
altro consiglio volgeva: volea generar contro il male,
pei Numi e pei mortali che cibano pane, uno schermo.
30E dall’Olimpo balzò, macchinando nel cuore un inganno,
di notte, ché bramava l’amor della donna elegante.
A Tifaóne presto pervenne, ed ancora movendo,
giunse alla vetta più alta del Ficio il saggissimo Giove.
E quivi stette, e volse la mente a un’impresa divina:
35ché, nella stessa notte d’Alcmena dall’agil caviglia
il letto ascese Giove, l’amò, sazïò la sua brama.
Ed anche Anfitrïóne, l’eroe condottiero di turbe,
compiuta la gran gesta, tornò quella sera al suo tetto.
Né tra i famigli andò, non andò fra i pastori nei campi,
40ma pria della sua sposa nel talamo venne l’eroe:
tal desiderio ardeva nel cuore al pastore di genti.
Come allorquando un uomo sfuggito a un malanno s’allegra,
quando abbia un grave morbo fuggito, o una dura prigione,
Anfitrïóne cosí, compiuta la dura sua gesta,
45alla sua casa giunse con cuore giocondo e felice.
E giacque con la casta consorte per tutta la notte,
e gioie d’Afrodite godendo, dell’aurëa Diva.
E da un Celeste amata la donna, e da un uomo perfetto,
nella settemplice Tebe die’ a luce due gemini figli.
50Ma l’uno uguale all’altro non eran, sebbene fratelli:
ché l’uno era da meno, di molto migliore era l’altro
figliuolo: Ercole esso era, gagliardo, terribile, invitto.
Questo la donna al figlio di Crono dai nuvoli negri
concetto aveva; ad Anfitrïóne signore di genti
55Ificle: ben diversi rampolli: ché l’uno a un mortale,
e l’altro avea la donna concetto al Signor dei Celesti.