perché d’accordo il modo trovassero ch’ella il suo parto
nascondere potesse, far paghe l’Erinni del padre
e dei suoi figli, inghiottiti da Crono possente, l’astuto. 475E concertarono insieme quanto era segnato dal Fato
intorno a Crono re dei Numi e al suo figlio animoso.
E la mandarono a Litto, fra il popolo ricco di Creta,
quando il fortissimo figlio già stava per dare alla luce,
Giove possente. E lui raccolse la Terra gigante, 480nel suolo ampio di Creta, per crescerlo quivi e nutrirlo.
E per la folle ombrosa veloce recandolo, mosse
dapprima a Litto. E quivi lo ascose in un antro inaccesso,
con le sue mani, sotto santissimi anfratti terrestri,
sul monte Egèo tutto irto di picchi, coperto di selve. 485E quivi una gran pietra ravvolta di fasce, la porse
all’Uranide grande, che fu primo re dei Celesti.
Con le sue mani quello la prese, la cacciò nel ventre,
né gli passò per la mente, tapino, che, scambio d’un sasso,
era rimasto immune dal danno l’invitto suo figlio, 490che con le forti sue mani doveva ben presto domarlo,
dell’onor suo privarlo, regnare fra i Numi immortali.
Rapidamente, dunque, la forza e le fulgide membra
crescean del nuovo sire. Col volgere poscia degli anni,
tratto in inganno dai furbi consigli di Terra, di nuovo 495Crono rivomitò, l’accorto Signor, la sua prole,
dall’arte e dalla forza domato del figlio. Per prima
rivomitò la pietra che ultima aveva inghiottita;
e Giove la fissò nella terra dall’ampie strade,
nella santissima Pito, sottesse le valli Parnasie, 500che rimanesse per segno, stupire facesse i mortali.
Poi di suo padre i fratelli, gli Urànidi sciolse dai ceppi
funesti in cui li aveva costretti l’inganno del padre.
Essi del suo beneficio poi memori furono sempre,