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xvi ESIODO

Del sole, in primo luogo, e delle sue varie parvenze, della luna, dei pianeti e delle stelle1.

Poi delle meteore meravigliose o terribili.

Poi, degli aspetti varii della terra e del mare. E s’intende che maggior appiglio alla fantasia davano quelli che in maniera piú definita cadevano sotto i sensi: i monti, per esempio, emergenti con sagome visibili da lungi e caratteristiche, e i fiumi, ai quali la perenne mobilità conferiva una vita miracolosa.

E le parvenze piú complesse e caratteristiche davano origine a piú fantasiosi sviluppi. Fu osservato come il Pelio, l’Ossa e l’Olimpo, apparendo, a chi giunge dal mare, come proiettati l’uno su l’altro, e sovrapposti, dessero origine al particolare dei monti che i Giganti avrebbero imposti l’uno all’altro per dare la scalata al cielo.

E gli esempii si possono moltiplicare. «In Arcadia — narra Pausania — non lungi dalle rovine di Nonacri, si spalanca un dirupo, il piú profondo di quanti ne abbia mai veduti. E dalle sue rocce stilla un’acqua dai Greci chiamata Stige. Quest’acqua, che dal dirupo giunge sino a Nonacri, cade prima su una rupe altissima, e di lí, permeando la pietra, si getta nel fiume Crati. Il suo corso è letale all’uomo e a qualsiasi altro animale: infrange il vetro, il cristallo, la porcellana, e ogni oggetto di pietra, ogni stoviglia, e il corno, l’osso, il ferro, il bronzo, il piombo, lo stagno, l’argento e l’ambra, tutto stempra quest’acqua, e così tutti gli altri metalli, e perfino l’oro» (VIII, 17-18). — Questa fonte esiste ancóra, o, per lo meno, esisteva ai tempi in cui l’Ampère componeva il suo bellissimo e sempre utilissimo libretto sulla

  1. Dice Platone (Cratilo, 397): «Mi pare che gli antichissimi Elleni adorassero come Numi quelli medesimi che adesso onorano i barbari: il sole, la luna, la terra, gli astri ed il cielo».