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48 il corsaro

» Dovizie forse, ed il nefando scoglio
» Difender osan? o non pur di tante
» Mie genti sognan, onde alfin saranne
» Quel sozzo nido di scorpion consunto?» —
» Pascià, ben fiacco indagatore è l’occhio
» D’incatenato prigionier, che piange
» I suoi liberi giorni. Io solo udìa
» Mugghiar l’onda insensibile, che trarmi
» Non volea da quel loco; io vidi solo
» Il chiaro azzurro Cielo, il Sol glorioso,
» Splendido, ahi troppo! troppo ahimè! sereno,
» Per tanta schiavitute, e là provai,
» Che rammentar di libertade in mezzo
» A le catene, non rasciuga il pianto;
» Or questo solo il mio fuggir t’apprenda,
» Che pensier nullo han di periglio; invano,
» Credil, tentato avrei, come disciolto
» Me quì ridur, se vigil de’ pirati
» Fosse lo sguardo. Ma l’oziosa scolta
» Che il mio fuggir non vide, neghittosa
» Fia pur, se tu, col tuo poter ti mostri.
» Pascià son lasse le mie membra; cibo
» Chiede per l’aspro digiunar natura,
» E dal lungo agitar de’ flutti quiete,
» Lascia ch’io parta; con te pace intanto,