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il corsaro | 111 |
Da sua fulgida sede. Le cilestri
Orbite ha immerse in sempiterna ecclissi,
Ma su le labbra ogn’altro vezzo serba,
Sì che par che raffrenino un sorriso,
E chiuse bramin di restarse in pace,
Brev’ora almeno. Ma quel bianco drappo,
Ma quelle treccie folte, e vaghe, e sparse
Senza vita sul petto;.... ahi quelle treccie,
In che l’estivo Zeffiro godea
Scherzar leggiadro, e sprigionarle un tempo
Dal roseo serto che stringeale indarno,
E la pallida guancia.... or son Medora! ....
Medora?.... È nulla.... Ed ei, perchè quì stà?...
XXI.
Ei non fa motto; un primo sguardo, un solo,
Su quel sembiante al par di marmo freddo,
Tutto narrò.... Basta. Medora è morta.
Come, saper che giova? Era la speme
De’ più tardi anni suoi; era l’amore
Degli anni suoi più belli, era la fonte
D’ogni puro desìr, era l’oggetto
D’ogni tenera cura;.... unica al mondo
Cosa mortal, ch’ei non odiò,.... gli è tolta!....