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110 il corsaro

Vede,.... ahimè! quel che non credeva il core,
Eppur n’era presàgo!....

XX.

                    Ei non s’arrètra;....
Ei non parla,.... ei non cade! Ei l’occhio ha fisso,...
Preme l’ambascia che l’uccide, .... mira!....
D’ogni duolo maggior l’uom così pende
Su mesto oggetto, l’error suo conosce,
Eppur più guata, e confessar non osa
Che guata invan. Qual era in vita bella,
Bella ancora è costei; gentilemente
Par che morte la strugga, e quei che vedi
Ne la gelida man gelidi fiori,
In quell’ultimo tremito costrinse
Teneramente sì, come se estinta
Non cadesse, ma in dolce amico sonno,
Con amorosa lagrima su l’occhio,
Abbandonata. Intorno al niveo ciglio
Lunga, e bruna si stende la palpèbra,
E vela,.... ahimè! da quel che vela, fugge
Per lo orrore il pensier; morte sua possa
Feroce più su la pupilla adopra,
E la bell’alma giù ne tragge, quasi