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     E parvemi mirabil vanitate
Fermar in cose il cor che ’l tempo preme;
42Che mentre più le stringi, son passate.
     Però chi di suo stato cura, o teme,
Provveggia ben, mentr’è l’arbitrio intero,
45Fondar in loco stabile sua speme.
     Che quand’io vidi ’l tempo andar leggiero,
Dopo la guida sua, che mai non posa,
     48I’ nol dirò, perchè poter nol spero.
I’ vidi il ghiaccio, e lì presso la rosa,
Quasi in un punto il gran freddo, e ’l gran caldo
51Che pur udendo par mirabil cosa,
     Ma chi ben mira col giudicio saldo
Vedrà esser così, che nol vid’io;
54Di che contra me stesso or mi riscaldo,
     Seguì già le speranze, e ’l van desio;
Or ho dinanzi agli occhi un chiaro specchio
57Ov’io veggio me stesso, e ’l fallir mio.
     E quanto posso al fine m’apparecchio
Pensando ’l breve viver mio, nel quale
60Sta mane era un fanciullo, ed or son vecchio,
     Che più d’un giorno è la vita mortale
Nubilo, breve, freddo, e pien di noja,
63Che può bella parer, ma nulla vale?
     Qui l’umana speranza, e qui la gioja,
Qu’i miseri mortali alzan la testa,
66E nessun fa quando si viva o moja.