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     E pria de’ venti al regnator si volse
Onde eccitasse orribile tempesta,
E in sì buon punto il padre Eolo colse
Ch’ei ne appagò la ria brama funesta:
Alla triforme Dea quinci rivolse
Il raggrinzato più leggera e presta,
E sì la stanca con sommessi preghi,
Che al suo voler convien ch’ella si pieghi.

     Ahi qual, Leandro, a te fiera sovrasta
Tremenda inevitabile sciagura
Or che la Diva ch’ha fama di casta
Raccoglie i raggi e l’universo oscura!
Euro, Noto, Aquilon pur ti contrasta,
E rovesciato ha l’ordine e natura:
Ah ferma il passo; chè a’ tuoi giorni insidia
L’anguicrinita macilente Invidia.

     Vano pensier! a spaventar quell’alma
Non gioverebbe unito anco l’Averno:
E già di sua protesa e forte salma
Fan l’onde accavallate aspro governo;
Chè se talor mostran tornare in calma
Egli è per torsi il nuotatore a scherno,
Che al fisso lume cogli sguardi intenti
Resiste ai flutti ed ai nimici venti.