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     Dal veron della torre allor s’abbassa
Serica scala cui s’aggrappa e ascende,
Quinci più stanze tacito trapassa
Sin là dove la sua Bella lo attende.
Oh quanto brevi son l’ore che passa!
Quanto duolo per l’anima gli scende
Allor che presso ad ispuntare il giorno
Ad Abido affrenar deve il ritorno.

     Ero vezzosa addio! dogliosamente
Gonfio il ciglio di lacrime le dice;
Se mi è grave il partir, se me dolente
Fa lo star da te lungi ed infelice
Sallo il bendato arcier onnipotente,
Che di piacer mi pasce e il cor ne allice
In que’ pochi e sì labili momenti
Che divido con te gioje e contenti.

     Però ti giuro che all’occaso il sole
Mai non andrà che a te non io ritorni;
Anzi appena avverrà che il dì s’invole
Me rivedranno questi bei contorni;
Ah perchè il fato barbaro non vuole
Ch’io meni intieri a te daccanto i giorni?
Perchè non posso con eterno laccio
Abbandonarmi di te cara in braccio?