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     O se con esse i vaghi amanti a schiera
In lieta pompa, e ’n veste allegre adorni
Veggio andarsen per piaggia o per riviera,
Par che pensier con la memoria torni
Al dolce tempo, e brieve primavera
Della mia vita, e ai sereni giorni
Ch’ir la vedea per quella amena riva
Or in forma di Ninfa, or d’altra Diva.

     Talor s’io per fuggir altri, e me stesso.
Fuggo dalla cittade e dalla gente,
E ricerco alcun bosco ombroso e spesso,
Sperando d’acquetar ivi la mente;
Quando m’avviene che ritrovi in esso
Giovene pianta in bel luogo eminente,
Nella tenera scorza intaglio fuore
Il nome, che nel cor mi ferisse Amore.

     E talor dico con fuon tristo, e basso,
Cresci, e porta nel ciel pianta felice
Il sacro nome, che in te scritto lasso,
Poichè più celebrarlo a me non lice
Con l’ingegno si stanco, afflitto, e lasso,
A cui l’usata vena il ciel disdice;
Ond’ho messo in silenzio il dolce canto,
E la citara mia rivolta in pianto.