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Lo spettacol gradito, e sol presenta
A l’occhio indagator propinqui oggetti.
Ma non men bello è il rimirar vicine
Di Gogna, d’Arcugnan, di Spìanzana
Le petrose villette, e le secrete,
Nido di solitaria incolta gente,
Ermetiche mura, e i nemorosi
Di Valmarana taciti burroni:
Luoghi abitati da un orror soave,
Da una dolce tristezza. O amato Monte,
Sazio non mai di rimirar d’intorno
Quai di te dico cose, o quai tralascio?
Quali accoppio o disgiungo? A te, o beata
Dimora al genio, ed ai piaceri amica,
Cedano a te Parnaso, Olimpo, ed Ida,
E trasportino in te le Muse, i Numi,
E le Grazie, e gli Amori il lor soggiorno.
     Ma che vegg’io? Fausto è l’augurio. Esulta,
Berico monte, e ti solleva, e godi
Di tua nova ventura. Ecco avverato
Il felice presagio, e or più non hai
Di Grecia i colli a invidiar. Non vedi
Qual donzella un de’ tuoi più cari figli
Peleo novello di Nereide amante
Toglie a l’Adria, e a te guida? Essa di Musa
Ha l’ingegno, ha la pura alma di Nume,
Ha negli atti le Grazie, e Amor nel ciglio.