De la cittade appar. Colline e balze
Frenan lo sguardo che da lunge ammira
La turrita Marostica, il ridente
Bassano, Asolo ameno ove cotanto
Si ragionò d’amore, e al fin s’incontra
Ne le opposte sublimi, antica fede
De gli ammansati Cimbri, alpi canute.
Piegando in ver l’occaso, io veggo altera
Del selvoso Summan ferir le stelle
L’ardua fronte bicipite, e più addietro
Gli aspri ciglion di Recoar che tanto
Per le acidule è chiaro acque salubri,
E per alpestri rocce e cavernose
Tane di lupi nota la nevosa
Marana che del Berico divide
Quel sovra ogni altro ameno, che il reale
Con precipite corso Adige irriga,
Sempre caro al mio cor terren felice,
Che i miei vagiti udì. Sorgon più basso
Di Creazzo i ben colti aprici colli
A far leggiadra mostra, e incoronati
Quei di Montecchio di tarlate torri,
Di mezzo infranti merli, e di avanzate
Ai secoli guerrier gotiche mura,
La passata barbarie, e de l’alato
Veglio divorator pingon gli oltraggi.
Verso il meriggio si restringe e serra