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Di prati folti di fiorita erbetta
Fecondati de’ placidi ruscelli
Dal cristallino umor, di ben partite
Colte campagne da frondose schiere
Di salici, di ontan, di pioppi e querce,
E di celibi gelsi, e di feraci
Viti divise; e seminate e sparse
Di ville, di palagi, e d’abituri
Da vicino offre il verdeggiante piano
L’aspetto incantator, che a poco a poco
Poi si dilegua, e si confonde e mesce
Ne l’azzurro Orizzon. Torreggia in fianco
Di Montegalda la vetusta rocca,
E le sparute cime ergon da lunge
Gli Euganei colli, e più lontan, de’ nembi
Se il nebuloso vel ceda di Febo
Al raggio vincitor, l’occhio discerne
Le guglie eccelse de’ famosi templi,
Che Brenta adora, e le Antenoree scopre
Mura ospitali del saper. Là dove
De’ gelidi Trïoni il fiato spira
Men vasta, ma più varia e più vivace
S’apre l’adorna scena. Ampia campagna,
Pingue regno di Cerere e di Bacco,
In cui terre e borgate e case e ville
Quasi formicolando, a cento a cento
Rompono il verde strato, appo le mura