Scopo a l’ingiurie, e che dal vento ha nome;
Sempre nove bellezze, e nove scene
Ridenti, e novi multiformi aspetti
Mi si paran d’innanzi. Ah! del mio ciglio
L’attonito stupor, de la mia calda
Pittrice fantasia gli agili voli,
E i dolci affetti del mio cor commosso
Si dividon fra lor natura ed arte.
Giungo su le tue vette, ed ah qual vasto
Teatro di portenti! oh cari oggetti!
Oh delizie del saggio! oh piacer puro
Soltanto da gli Dei concesso ai sacri
Cultori de le Muse, e tolto all’alme
Vulgari di color, che affascinati
Dal mondan fasto, e troppo a tutti noti
Sono ignoti a se stessi! ovunque intorno
Io mi rivolga, immobil resto, e sento
Quasi rapito in estasi soave
Farmi di me maggior. Giro lo sguardo
Là dove l’igneo condottier del giorno
Tremola d’Orïente in su le porte,
E il guardo mio senza confine, o meta
Nel vasto spazio s’inabissa e perde
De l’ampia immensurabile pianura,
Che giunge sin colà, ve’ le paludi
Salse cerchian l’altera, opra de’ Numi,
Gran pupilla del mar, città sovrana.