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     Tal la vizza Fabulla a i giorni prischi
Imbellettar solea la pelle irsuta
Di fetidi cinabri untumi e vischi,
140Onde giovane e bella esser creduta.
Ma i gravi danni e i perigliosi rischi
De la pioggia e del sol fuggiva astuta;
Poichè l’acqua inimica, e ’l solar astro
Disciolto arian quel triplicato empiastro.

     145Lalage senza specchio i suoi capricci
Nè determina mai, nè mai seconda.
Se di denti bianchissimi posticci
Le vedove gengie fascia e circonda:
Se vuole ricoprir di finti ricci
150La cuticagna inaridita e monda,
O sotto arduo cuffion tenerla occulta,
Sempre lo specchio Lalage consulta.

     Certo men brutta men deforme e sozza
Fu quella vecchia stomacosa un dì,
155Che co l’animatrice tavolozza
Il fantastico Zeusi colorì;
Ma un riso tale chiusegli la strozza,
Poichè quel ceffo orribile compì,
Che giacquesi boccon di vita esausto
160A la deformità primo olocausto.