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     Nè sol Egle, Nerea, Fillinda, e Nice,
Soggette oimè! de l’iterizia a i danni,
115Ricorrono dolenti a la vernice,
Che l’invido squallor tolga ed appanni:
Ma fin l’etate rancida e infelice,
Che pieno ha il dorso di magagne e d’anni,
Le rughe avvien che stranamente implichi
120Di putridi color, d’unti orichichi.

     Lalage appunto disparuta ed agra,
Che il lustro dodicesmo appena tocca,
Nulla ostante il catarro e la podagra
Per cui veglia la notte e il dì tarrocca,
125Tutto il mattin sollecita consagra
Non a seria lettura od a la rocca;
Ma solo a specolar nel fido vetro
Il suo deforme e rincagnato spetro.

     Su Persico origliero intanto accoscia
130Giusto rimpetto al lucido cristallo:
Prima si guarda, si vagheggia, e poscia
Distempera la biacca ed il corallo.
Ed or la fronte rugginosa e floscia,
Ora il labbro dipinge arido e giallo:
135E arrubina sul mento e su la guancia
L’insalubre color di melarancia.