475S’ingannavan da noi l’ore notturne,
E su i vani timori, onde son l’alme
De’ miseri mortali afflitte e dome,
Pietà dal cor, più che da i labbri riso
Si riversava. L’uom cortese a i detti 480Tacito pende, e l’uno or guarda or l’altro,
Poi si raccoglie in se, medita, e scorno
Già par che il prema del narrato incanto.
Ma la donzella dal rossor gentile,
Che vide il cenno de la madre, a cui 485Gravi reggeansi le palpebre a stento,
S’innalza, e dolce nel partir saluta,
E a me propizio augura il vento. Ed io:
Ben volgan gli anni che il materno letto
Col letto nuzial muti, ed impari 490Novelli amplessi, e stile altro di sonni,
E di piume un tepor forse più caro.
E qui la terza volta ella arrossendo
Ratta s’invola; ed un cotal sorriso
Sorrise di piacer la cara madre, 495Ed il passo senil dietro affrettolle.
Ma il Padre: or saper dei che un Garzon vago,
E in sen de le più vaghe Arti nodrito,
Stranier, ma nato in città nostra, tosto
Verranne, e sposa a le paterne case 500La condurrà. Basta, diss’io, che alcuna
Non lo vi tolga innamorata Maga.