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Tra quei vapor la voce, o uscìa, com'esce
Da le nude ombre a Dite infranta e roca.
Or che farà? tutto a sue pelli in seno
Si stringe, si raggruppa, e sopra un sasso
S'asside, al sasso indifferente: i dardi
Eran del freddo assalitor sì acuti,
Che il fiato a lui gelò tra labbro e labbro,
Qual se visto avess'ei quella Medusa,
Onde impietrava ogni d'uom polso e vena.
E già morto vi fora, ostia a Sofia ,
Qual fu d'altri tra il foco in altri monti,
Onde infami son anco Etna e Vesevo;
Ma dolce a un tratto meraviglia e nuova
Non che a salvar, giunse a bearlo. In neve
La nube si disciolse, a se d'intorno
Vide nascer la neve: i fiocchi a un punto,
Mirabil arte, fur tessuti, e primi
I più alti vapori a ghiacciar furo,
Rotto avendo da pria la nube in alto.
Un vento indi levò, che quella al basso
Spinse di balza in balza, ed ei si vide
Cinto d'una serena aria, che un Sole
Chiaro più ch'altro mai lustra e riscalda,
E l'occhio infetto del vapor maligno
Con ignoto piacer la cara luce
Beve alto; quale chi da l'ombra inferna
Sbucasse al cielo aperto, e a l'aura viva.