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A tutti i venti, e alcuna vela amnica
Non vidi biancheggiar: ma che? l’acciaro
Suona nelle mie sale, e non la conca.
Vieni, stirpe d’eroi; la notte è presso;
Vieni alla reggia ad ascoltar il canto
Della bella di Furfedo: n’andammo,
E d’Oinamora le maestre dita
S’alzarono sull’arpa: ella fu tutte
Le sue tremule corde in dolei note
Fè risonar la sua dolente istoria.
Stetti a mirarla rispettoso, e muto,
Che sparsa di bellezza e maestade
Dell’isola selvosa era la figlia,
E i begli occhi a veder parean due stelle
Quando in pioggia talor fra stilla e stilla
Vagamente sogguardano: s’affisa
Liete in quelle il nocchiero, e benedice
Que’ scintillanti, e graziosi rai.
Lungo il rio di Tormulte io co’ miei fidi
Mossi a battaglia in sul mattin. Tontormo
Battè lo feudo, e gli si strinse intorno
Il popol suo; ferve la mischia: il Duce
Io scontrai di Sardronio: ai spichi infranto
Vola per l’aere il suo guerriero arnese:
Io l’arresto, e l’afferro, e la sua destra
Stretta di saldi nodi ostro a Malorco.
Delle conche dator. Gioia si sparse