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Al lusso, a lui, che d’oriente un giorno
La frode seco, e ogni altro vizio reo
Più funesto di Marte al Lazio addusse,
E in Roma vendicò la vinta terra.
O dotto mio Zenon, degno del grave
Tuo sopracciglio, e di tua breve toga,
Poco apparasti in tua solinga cella,
Credilo a me, della ragion di stato.
Quale il Fisico esperto i velenosi
Sughi dell’erbe in chimico fornello
A salute converte, e a medicina;
Tale dai vizi popolari estrae
Saggio legislator con l’alta mente.
Forza al comun, virtù, ricchezza, onore.
S’egli dai patri beni, e non d’altronde
Tragge alimento, è vita il lusso industre
Anima, che si mesce al corpo immenso.
Dello stato, e ogni parte agita e scalda:
È il lusso il bel legame, onde a’ bisogni
Del povero sovvien l’oro del ricco.
Nè la rigida Sparta alcun rammenti,
Le ferree leggi, e i Cinici instituti
Dello Stoico Licurgo. Al cielo i rami
Poco stender potea pianta di fimo
Non ben satolla, dalla man non culta
Di dotto agricoltor. La ricca Atene
Emula bilanciò molti e molt’anni