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Apelle novo di ritrarne impetri
L’alta sembianza, ed i pensier; tu vieni,
Dotto Pittor, che del celeste dono
Voglio dal tuo pennel fatta memoria,
Mentre il consegno a l’avvenir coi versi.
Su via stendi gran tela, e ’l treppiè lascia
Disugual troppo a l’argomento grande:
Qui diversi color, vasi, tabelle;
Là s’ingombri il terren di mille forme,
E capi, e busti, e di scoltura avanzi
Dissotterrati da le gran ruine,
Onde l’opre miglior de’ mastri antichi
Giacquer gran tempo in lungo obblio sepolte.
Di Giove imita la serena fronte,
D’Ercol le braccia, e di Mercurio il ciglio::
Ma fuor traspiri dai divini tratti
L’umano liberal mite pensiero,
E va temprando in un’immago fola
La doppia idea di Mecenate e Agrippa,
Utili anch’essi e cari a un altro Augusto.
In mezzo al quadro incoronato sieda
Per man de la virtù l’amica fronte
Il mio signor, che la man stenda in atte
Dolce e cortese a sollevar di terra
I timidi talenti, il merto occulto,
L’anti neglette, e la virtude oppressa.
Intorno sparsi in bell’ordin confuso