Pagina:Poemetti italiani, vol. X.djvu/72

Qui vedi il regno mio, dove mi piace
Non pur albergo aver, ma reggia e corte.
Quanti qui vanno eletti spirti, io nudro
Del mio favor; io nel lor petto ispiro
Tutta la mia divinità, nè nullo
Ricuso loro o di saper tesauro,
O d’ingegno valor. A me si deve
Quel che vedi fiorir famo de l’arti
Amor qui dentro, ed a me quel, che quanti
Disperde il ciel qua e là nobili ingegni,
Nel sen di Roma a ben formarsi aduna:
O piaccia a lei simili trar sembianti
A i veri volti degli eroi dal marmo,
O a diversi color ami lo spirto
Infonder con la vita, o su lisciate
Tavolette di bronzo incida argute
Tenui figure, onde la carta impressa
Le multiplichi a mille, e le diffonda;
Oppur con varie di color di vena
Pietruzze intenta al degradar de l’ombre,
Intenta a lo spiccar de’ vivi tratti,
Or questo or quel giusta le tinte e i nicchi
Sassolin scelga, e li congiunga in modo,
Che facciano un sol piano, onde locato
Lontan l’obbietto, e vivo e vero il creda.
Vedi quanta virtù! Sorgon di mille
Piccole e ad arte ben disposte pietre