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L’indole incerta, e il non ancor maturo
Genio disveli, meritare in sorte
Una splendida cuna? È fra i mortali
Voto d’errori il saggio. Il nome, e gli avi,
E quanto egli non feo, come straniero
Ornamento ricusa, e suo non chiama.
So, quant’anime egregie uscir dall’alto
Ceppo fecondo, qual di mite ulivo
Nei pubblici consigli, e nelle industri
Cure di pace ai prischi di ricinta:
Qual di fulgida mitra, e de’ Romani
Sacri onori velata, e quale in terso
Acciaro avvolta, e per le patrie cose
Non tarda a provocare i bei perigli.
Veggo quel forte, cui Nettuno, e Marte
Fer dell’invitta patria immortal padre,
Francesco il prode, che dal ben difeso,
E ben ceduto ancor Cretense regno
Torse le Adriatiche prore, e vincer parve
Per l’inegual finita Odrisia guerra
Con una pace, che uguagliar poteo
L’onor d’una vittoria. Oh quanto, oh quale
Fra l’onda Ionia, e fra l’Egea nol vide
Poi tutto tinto di nemico sangue
Quel debellato suol, che dal Re domo
Nella rapida Elea curul tenzone
In largo dono, ed in dotale scettro